ROMANHATTAN VIDEO

ANTI STAR TINA

This intimate video portrait explores the dramatic and tumultuous life of Tina Aumont, born in Hollywood to film star Maria Montez and French icon Jean-Pierre Aumont. Jean Cocteau wrote a poem for her birth and Marlene Dietrich sang lullabies while cradling her.

Through her memories, interviews, photos and film clips, this work touches significant moments of the baby boomer generation from 40's California to 50's France and New York, through swinging London and the Roman dolce vita of the 60', the 70's rebellious Italian cinema, the 80's Parisian nightlife and drug scene. The new millennium propels Tina Aumont into a new dimension after she discovers her mother's native Caribbean island in the 90's. Her father's death in 2001 is a defining moment.

Tina Aumont has starred in more than forty films, ranging from international big productions and Italian movies (directors: Fellini, Losey, Minnelli, Vadim, Bertolucci, Bolognini, Brass, Comencini, Lattuada, Rosi, Rossellini), to elitist art films (Garrel, Brocani) and contemporary underground cinema. She has shared the screen with Jane Fonda, Terence Stamp, Liza Minnelli, Donald Sutherland, Pierre Clementi, Franco Nero, Klaus Kinski, Catherine Deneuve and Alain Delon. In spite of this, she remains unknown to the general public. Why?

The aim of this documentary is to reveal the person behind the glossy media images of stardom and the dismissive clichés of drug addiction. It's not by chance that Tina Aumont has befriended Marianne Faithfull and Nico.
In a 1977 issue of Ciné Girl, a magazine where she appeared on the cover, she wrote: "People compare me to nicotine: I am oxygen, I am the breath, I stimulate. People would like to love me dead, I disturb them. But I am alive and I intend to continue. To live. "

Born famous and gifted with extraordinary beauty, talent, charisma, (yet never quite concentrating on her career), the real TINA AUMONT will probably remain mysterious. Nevertheless, her multifaceted, luminous personality and her poignant story will certainly intrigue and fascinate.

A video by IVAN GALIETTI
(In production)


This text was written long before Tina Aumont passed away on October 28th 2006.
The video production was suspended but has resumed with a slighlty different approach.



Photo by Ivan Galietti, Paris, 1991



© 1947 Universal Pictures Co., Inc.



OMAGGIO A TINA AUMONT  (1946-2006)
Rassegna "I Mille Occhi", Trieste, 24 Settembre 2007

 di JACKIE RAYNAL e IVAN GALIETTI. 
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Montaggio presentato da JACKIE RAYNAL :  ZANZIBAR di Frederic Pardo ed altri materiali originali..  Anni 60'-70' e  2006. 

 Segmenti da  ANTI STAR TINA AUMONT, un film di IVAN GALIETTI  (in progress). Materiale originale girato fra il 1992 e il 2006. 15 minuti BETA / DVD.

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Elementi biografici di Tina Aumont.

 Marie Christine Aumont, nasce a Hollywood il 14 febbraio 1946, e' figlia della « regina del technicolor » Maria Montez e dell’attore francese Jean-Pierre Aumont. Jean Cocteau scrive una poesia per la sua nascita, Marlene Dietrich le canta la ninna nanna nella culla. All’eta' di 5 anni perde improvvisamente la madre, un trauma che la segna per il resto della sua vita.

A 17 anni si sposa con Christian Marquand, attore e regista amico del padre e di Marlon Brando. Con lui va a vivere in California e avra' una figlia nata morta. Studia recitazione a New York con Stella Adler.

Le sue prime apparizioni in MODESTY BLAISE di J. Losey (1966), e in LA CALDA PREDA di R. Vadim (1966) la lanciano sulla scena internazionale col nome di Tina Marquand..

 A 20 anni,  lasciati Hollywood e Marquand, riprende il nome Tina Aumont. Frequenta la "swinging London" e si lega al pittore psichedelico Frederic Pardo con cui partecipa ai film underground « Zanzibar », opere di tono poetico create con un gruppo di amici dandy e bohemiens come Pierre Clementi  e Philippe Garrel che la dirige  in  LE LIT DE LA VIERGE (1970).

 Alla fine degli anni sessanta si stabilisce a Roma dove e’ scoperta dal cinema italiano. Lavora con molti registi fra cui: Sordi, Bertolucci, Bazzoni,  Brocani, Brass, Samperi, Comencini, Rosi. In METELLO (1970) di Bolognini, meravigliosamente vestita da Piero Tosi,  rappresenta "il peccato". Per  Rossellini  e' l'adultera nel MESSIA (1975), e per Fellini e' Henriette, il piu' grande amore del suo CASANOVA (1976).

 Nell’intervista alla rivista Cine' Girl (1974) dice: «  Mi paragonano alla nicotina : sono l’ossigeno, il soffio, lo stimolo. La gente preferirebbe amarmi morta, li disturbo. Ma sono viva…. ». Tina Aumont diventa per la sua generazione l’antidiva che crede nell’utopia sessantottina « dell’immaginazione al potere », personaggio catturato da PARTNER di Bertolucci (1968) e consacrato da L’URLO di Tinto Brass (1969). Un ruolo che vive sullo schermo e nella realta', fino in fondo e senza freni, al di la' delle norme, libera, spavalda, appassionata, disperata, generosa, sempre pagando di persona.

 La droga s’impossessa della sua vita e nel 1978 problemi legali la costringono ad « esiliarsi » in Francia. La sua bellezza ed il suo carisma leggendari ne fanno una delle protagoniste delle notti folli parigine. Il cinema francese la considera ad alto rischio e la relega a ruoli marginali. Nell’ultimo suo film LA MECANIQUE DES FEMMES di Jerome de Missolz  (2000) appare solo un minuto, ma il critico di Liberation la esalta e la definisce "La ninfa egeria del cinema underground". 

Povera e malata di enfisema polmonare, trascorre gli ultimi anni della sua vita a Parigi, circondata dagli amici piu' intimi. Si spegne nel sonno il 28 ottobre 2006 nel sud della Francia a Port-Vendres, anticamente Portus Veneris.

 (Nota personale:) Per chi, come me, aveva avuto la fortuna di incontrare Tina Aumont nella vita, era impossibile non rimanere incantati e sedotti dalla sua bellezza sconvolgente, dai suoi occhi penetranti e magnetici, dalla sua voce profonda e sensuale, ma anche dall’ intelligenza acuta, dall’ironia, dalla sensibilita', dalla dolcezza, dalla commovente fragilita', dalla vitalita', dalla sincerita' e la spiritualita' della sua molteplice e magica personalita'.  Lo scopo del mio documentario ANTI STAR TINA e' di rivelare l'essere umano che si nasconde dietro alle immagini patinate della celebrita’ o ai triti cliche’ sulla tossicomania presentati dai media.

Ivan Galietti




Polaroid taken in Piazza Navona, Rome, 2000



27 Settembre 2007

Tina, Belinda e i piaceri «colpevoli» degli anni '70
Aumont e Lee, Sankara, Baratier. Il festival di Trieste rilancia senza nostalgie la vitalità di un immaginario antifondamentalista, all'epoca seviziato, oggi ispirazione per un disordine concettuale necessario
Roberto Silvestri
Trieste


Due attrici «italiene», nel senso di aliene e di jene, Belinda Lee (ritratta con un agnellino smarrito, nello stupefacente poster ufficiale, anticipazione del Silenzio degli innocenti) e Tina Aumont, la cui improvvisa morte ha soffuso di dolore speciale un anno cinematograficamente già devastante, sono il simbolo vitale, doppio e dissonante di Milleocchi, (22-29 settembre, Teatro Miela). Che torna in questi giorni, piuttosto concentrato tra dibattiti e proiezioni, alla vitalità del sessantotto, e ai suoi «mostri» (Alberto Grifi, Vittorio De Seta, Paulo Rocha, Werner Schroeter & Maria Callas, Giulio Questi, Jacques Baratier, Otto Muehl & Dusan Makavejev, la gang di Zanzibar con Pierre Clementi e la vergine postraffaellita Bulle Ogier, i martiri combattenti africani, da Lumumba a Cabral a Sankara...) senza intenti nostalgici, ma per sganciare alcune bombe atomiche di deterrenza spirituale antifondamentalista. E per mettere, oggi come allora, e senza sbagliare dosi, caos immaginario nell'ordine del visivo, per indicarci dove è l'origine (Rien voilà l'ordre, di Baratier che si può tradurre : «Niente, ecco l'ordine», è forse il miglior film sul fascismo concentrazionario del manicomio) del «bel disordine» concettuale necessario.
Lo si potrebbe sintetizzare, lo spirito di Milleocchi, dati i tempi, con quella massima di Thomas Sankara che spiega la modernità del suo dadaismo emme-elle, indigesta a Cofferati, più di mille saggi: «I rivoluzionari vogliono abolire le carceri mentre i reazionari vogliono moltiplicarle». Pare infatti che non ci sia più consentito volare nelle praterie della libertà, seguendo il sorriso contagiante dell'artista e prostituta francese genettiana Griselidis Real, tutto istinto e ragione (Prostitution, di Jean Fancois Davy, 1975, da far girare nei licei), che Carla Corso e Pia Covre, militanti del progetto Stella Polare, hanno ricordate commosse, quando fu inebriata, a un tratto e per anni, dalle danze e dalla scienza rom del mondo.
Tina e Belinda sono infatti impronte digitali indelebili - e speriamo contraffatte - di un grande cinema italiano antagonista anni 70 possibile. Non solo scomparso e sconosciuto dai giovani cineasti e appassionati (chi ha visto L'Urlo di Tinto Brass per sei anni censurato?) ma mai realizzato compiutamente, perché perseguitato, mandato in esilio, seviziato, cancellato... Era un cinema energetico, contagioso, troppo bello per essere tollerato. Pura offerta di piaceri colpevoli, per uomini donne e chissà cosa altro.
Brass, dopo l'espulsione di Tina dall'Italia (per essersi spedita, citando Cocteau, un batuffolo d'oppio all'indirizzo di casa), cinematograficamente impazzì...
Tina fu la scoperta cinematografica di Robert Aldrich, via l'amico esule Joseph Losey e il Modesty Blaise britannico, poi fu l'unica a donare tutta se stessa, e anche un po' di sua aura, all'underground, allo spirito «nouvelle vague» di Bertolucci che ne ingigantì gli occhi già giganti, ai generi matriciani e ai sublimi calligrafici, fino a diventare la Maria Montez del tropicalismo-Cinecittà, l'unica donna inafferrabile del Casanova di Fellini.
«Che ambiente orribile quello, eppure era il mio, e quando il ciak batteva, uscivo dalla merda e entravo nell'eternità» ci svela, più o meno con queste parole da Isidore Isou, in un work in progress mozzafiato che raccoglie materiale prezioso, anche inedito, spezzoni di film, interviste, anche di Marzullo, elogi funebri sulla sua tomba, danze metropolitane inebrianti. E che spero diventi presto film diretto dal suo amico del cuore Ivan Galietti, e con Jackie Reynal voce recitante e angelo custode. Da Tina furono abbagliati e accecati perfino Bellocchio, Breillat e John Huston, che ne congelarono per questo i provini. Eppure. Non si può ricominciare, oggi in Italia, che da Belinda Lee e da Tina Aumont, dalla loro selvaggia, dolcissima, anomala e deviante soggettività desiderante. Carlo Di Leo, artista fattosi liquefare dall'eroina negli stessi anni 70, proprio da Belinda Lee ripartì, disegnando, attraverso un pellegrinaggio super 8 sulla sua tomba, al cimitero acattolico di Roma - film come tutti i migliori perduto - la mappa del tesoro di un immaginario a venire.
Al sesto anno anno il «festival internazionale del cinema e delle arti» congegnato nei laboratori segreti di Sergio Grmek Germani anche quest'anno ha costruito così un programma che sperimenta alchimie, invece di illustrare ideologie, insomma di combattimento effimero, non superficiale, che ha scodellato finora magie come un inedito di Dreyer, L'acqua nella campagna (11' censurati in Danimarca nel 1946 perchè Dreyer, figlio di prostituta, va tolto dall'acido amniotico teologico nel quale è stato annegato, assicura Germani), il film di Mishima, le incursioni di Baratier nella Parigi sotterraena che, da Juliette Greco a Antoine, da Boris Vian ai lettristi e ai jazzisti, inventò incanti irreversibili. Nonostante Sarkozy.